La moglie non può spendere come vuole l’assegno di mantenimento e il marito può chiedere il rendiconto

Interessanti sono due recenti pronunce della Corte di Cassazione che stabiliscono i casi in cui la moglie non ha diritto al mantenimento.

In particolare, pare rivoluzionaria la sentenza della Corte di Cassazione n. 1482/2023, la quale stabilisce per la prima volta il principio per cui occorre il rendiconto delle somme percepite a titolo di mantenimento.

Mai prima di ora, si era imposto il controllo su come venissero utilizzate le somme percepite.  

Stabilisce invece ora la Cassazione che l’assegno di mantenimento dopo il divorzio può essere revocato a chi effettua «spese voluttuarie» e quindi a chi invece di lavorare si dedica allo svago, fa acquisti non necessari, passa le giornate in palestra invece di cercarsi un’occupazione.

Da segnalare anche la recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 4200/2023, la quale accogliendo il ricorso del marito, stabilisce che nella determinazione dell’entità dell’assegno di mantenimento, la Corte d’Appello non aveva tenuto in debito conto della brevità del matrimonio, dell’assenza di validi motivi per cui la moglie, pur in possesso di qualifica professionale, avesse smesso di lavorare, nonché delle consistenze immobiliari di proprietà della stessa.

Ciò posto, occorre focalizzare alcuni presupposti correlati all’accertamento del diritto al mantenimento.  

QUALE E’ LA FUNZIONE DELL’ASSEGNO DI SEPARAZIONE E DIVORZIO?

La funzione dell’assegno di mantenimento, a seguito di separazione /divorzio è «assistenziale e compensativa».

Il riconoscimento presuppone l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi o dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive.

COME SI CALCOLA L’IMPORTO DELL’ASSEGNO DI MANTENIMENTO?

L’importo si calcola sulla base della «valutazione comparativa delle condizioni economiche delle parti».

Occorre prendere in considerazione il contributo alla vita familiare e alla formazione del patrimonio comune di ciascuno degli ex coniugi.

Con l’obiettivo di consentire «il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare. In particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate», si legge ancora nella sentenza.

QUANDO NON E’ DOVUTO L’ASSEGNO DI MANTENIMENTO?

Non è dovuto se il coniuge si rifiuta di lavorare e se ha redditi adeguati a mantenersi e ad affrontare le spese che derivano dalle nuove condizioni di vita.

QUALI ECCEZIONI?

Occorre accertare anche se l’eventuale differenza di reddito fra i due coniugi sia riconducibile «alle scelte comuni di conduzione della vita familiare, alla definizione dei ruoli dei componenti della coppia, al sacrificio delle aspettative lavorative e professionali», oppure al rifiuto di lavorare ingiustificato.

Infatti, potrebbe essere comunque difficoltoso il reperimento di nuova occupazione ad es. a una certa età.

QUALI SONO LE SPESE VOLUTTUARIE?

Sono considerate spese voluttuarie quelle che soddisfano bisogni secondari della persona e non quelli considerati primari ed indispensabili (es. cibo, abbigliamento, casa, ecc).

COME ACCERTARE LE SPESE VOLUTTUARIE?

Nella pronuncia della Corte di Cassazione n. 1482/2023, e’ stato stabilito che la donna invece «disponeva di redditi provati dalle risultanze dei conti correnti e dalle spese, anche voluttuarie, sostenute», ma anche «della capacità lavorativa dimostrata dal fatto che aveva letteralmente trasformato il proprio fisico dedicandosi a un’intensa e costante attività di body building» (ciò che prova la capacità al lavoro della moglie e l’assenza di patologie di salute).

Il ricorso della donna è stato quindi respinto.

I giudici l’hanno anche condannata a pagare le spese processuali.

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Categorie: Diritto di Famiglia